I produttori norvegesi di salmone minacciano il mondo
Impiego eccessivo di antibiotici negli allevamenti di salmone, violazione dell'integrità dei fondali marini, decimazione della fauna locale: queste le accuse principali mosse contro il settore dell'acquacoltura norvegese che genera milioni di dollari di entrate.

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Il salmone è un alimento di moda oggi. Ogni anno la popolarità del salmone aumenta, viene incluso nella categoria dei cosiddetti "super-alimenti". Questo pesce, infatti, è fonte di proteine buone grazie al suo elevato contenuto di omega 3, vitamine A, D e K. Contribuisce, inoltre, a ridurre il rischio di insorgenza di malattie cardiovascolari.
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Gli allevamenti di salmone in Cile comparvero per la prima volta negli anni '80. Ma negli anni '90 il Paese conobbe un vero e proprio boom di allevamento di quest'animale.

L'allevamento di salmone nelle acque fredde e ricche di cibo dell'Oceano pacifico meridionale si rivelò un'attività profittevole. Ben presto l'acquacoltura di salmone cominciò a generare utili di milioni di dollari.

Oggi il Cile è al secondo posto al mondo per allevamento di salmone. Quest'attività genera ogni anno per il Paese entrate che superano i 5 miliardi di dollari. Secondo le statistiche ufficiali, gli allevamenti di salmone danno lavoro a circa 21.000 persone soprattutto nel sud del Paese, una zona poco popolata e molto estesa, le cui coste sono bagnate dall'Oceano pacifico.
Con l'aumento della domanda di salmone a livello globale le condizioni ottimali per l'allevamento di questo pesce nel Cile meridionale divennero sempre più allettanti per i produttori cileni e stranieri. In particolare per quelli norvegesi che si misero in viaggio per raggiungere letteralmente l'altro capo del mondo.

Una di queste società fu la Marine Harvest (a inizio dell'anno ha cambiato il suo nome in Mowi) che cominciò a lavorare in Cile nel 1975. Passarono gli anni e con essi cominciarono a nascere polemiche innanzitutto riguardo alle divergenze quanto alle tecniche di produzione.
"In Norvegia si lavora bene rispettando le normative e i lavoratori. Se gli standard norvegesi venissero applicati anche in Cile, non vi sarebbe alcun problema. Di per sé la produzione non è male, ma dev'essere sempre riportato l'ordine e gli enti regolatori dovrebbero fare il proprio lavoro"
John Hurtado
presidente di CONATRASAL, la Confederazione nazionale degli allevatori di salmone. (Conatrasal)
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Ma le divergenze riguardo alle tecniche di produzione del salmone tra le aziende norvegesi in Norvegia e in Cile non si limitano a questo. Uno dei temi più delicati e discussi è legato all'impiego di antibiotici. Vari prodotti farmaceutici vengono impiegati regolarmente nell'acquacoltura per prevenire le malattie e l'aumento dei volumi di produzione.

Il salmone allevato in Cile consuma enormi quantità di antibiotici rispetto a quello prodotto in altri Paesi del mondo, come Canada, Scozia e Norvegia. Questo si vede bene nel grafico qui sotto fornito dalla società Mowi (al tempo ancora Marina Harvest).

Mowi ha dichiarato di "non essere interessata" a partecipare a questo reportage.
*Fonte: Mowi Integrated Annual Report 2018 (relazione annual Mowi), p. 67.
Il gruppo Cermaq appartenente a Mitsubishi Corporation possiede aziende in Norvegia, Canada e Cile. Anche qui si osservano importanti divergenze nei volumi di impiego di antibiotici a seconda dei Paesi.
Fonte: "Use and Abuse of Antibiotics in Salmon Farming", ONG Oceana, p. 21.


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Mowi e Cermaq, i due maggiori produttori di salmone da allevamento al mondo, presentano importanti divergenze quanto all'impiego di antibiotici negli allevamenti in Cile e in altri Paesi del mondo, ad esempio in Norvegia. Ma non sono i soli. Anche le società cilene utilizzano molto gli antibiotici.

Il volume record di antibiotici utilizzati è stato registrato nel 2014. In quell'anno nelle acque cilene sono stati impiegati farmaci 1500 volte in più rispetto alla Norvegia, leader mondiale nella produzione di salmone.

Sebbene poi queste cifre siano diminuite, secondo i dati del Servizio nazionale cileno per la pesca e l'acquacoltura (Sernapesca) solo l'anno scorso negli allevamenti di salmone sono state impiegate circa 350 tonnellate di antibiotici.

"Perché nell'acquacoltura cilena si osserva un abuso di antibiotici? Per rispondere a questa domanda va detto che in Cile è diffusa una patologia scatenata dall'agente Piscirickettsia salmonis. La malattia è la Sindrome Rickettsial Setticemia (SRS) che non è tipica di altre zone del pianeta", sostiene Felipe Cabello, professore di microbiologia e immunologia, membro dell'Accademia cilena delle scienze e membro onorario dell'Accademia cilena delle scienze mediche.
Secondo Cabello "quest'agente eziologico è stato rilevato anche in Norvegia, Irlanda e Columbia Britannica, ma pare che l'infezione da esso scatenata non porti in questi Paesi alle stesse gravi conseguenze, sebbene a prima vista gli agenti riscontrati in Cile non differiscano da quelli degli altri Paesi".

Cabello ritiene possibile che in Cile i salmoni vengano allevati in condizioni che li rendono più vulnerabili agli agenti eziologici della malattia soprammenzionata e, secondo i produttori, è necessario dare loro da mangiare tonnellate di antibiotici ogni anno.

Secondo Liesbeth van der Meer dell'ONG Oceana, il problema potrebbe risiedere nel processo stesso di allevamento del salmone in Cile.
"I salmoni non sono una specie endemica nel Paese. Sono un pesce esotico, importato da altre regioni, che viene allevato in superfici limitate ad alta densità di popolazione. Sono 900.000 le tonnellate di salmone allevate nei fiordi cileni. Questi animali vivono molto vicini l'uno all'altro. Per questo, è elevata la probabilità di contagio".
Liesbeth van der Meer
direttrice esecutiva dell'Oceana
Il governo sta affittando aree per l'acquacoltura per un periodo di 25 anni con possibilità di proroga. Al momento il Cile ha dato in concessione 1412 aree simili anche se non tutte sono attive allo stesso tempo. In queste aree vengono dislocati gli allevamenti di salmone. Si tratta di aree limitate in cui gli animali vivono in gabbie immerse nell'oceano.
Secondo i rappresentanti dell'Instituto Tecnológico del Salmón (istituto membro dell'Associazione delle aziende produttrici di salmone, SalmonChile, organizzazione che riunisce le aziende legate alla produzione di salmone in Cile, di cui fa parte anche Cermaq) "non vi sono studi scientifici (a differenza di quelli presenti per altre specie di pesci) che confermerebbero il rapporto tra uso di antibiotici in acquacoltura e danno all'ambiente, ai consumatori e ai lavoratori del settore".

"Non è stato dimostrato, è controverso. Se leggiamo la letteratura scientifica, possiamo trovare pubblicazioni cilene in cui si dimostra che i batteri che si sviluppano nell'intestino dei salmoni e negli allevamenti sono resistenti proprio come gli organismi patogeni che infettano l'uomo. Nessuno conosce l'evoluzione e la genetica di questi batteri. Dunque, è possibile che i geni della resistenza vengano trasmessi dall'ambiente circostante ai batteri che infettano l'uomo e dai batteri che infettano l'uomo ai batteri presenti nell'ambiente circostante", precisa Cabello.
Questo tema è molto importante innanzitutto perché l'industria alimentare, che impiega antibiotici durante la produzione, potrebbe dover affrontare il problema della resistenza agli antibiotici, ovvero una delle minacce principali per la salute dell'uomo, per la sicurezza alimentare e, in generale, per lo sviluppo, secondo l'OMS.

Secondo i rappresentanti di Oceana, i produttori impiegano in larga misura gli antibiotici perché hanno un ritorno economico. "Si possono produrre salmoni anche senza antibiotici, ma questo costerebbe di più alle società e il loro utile calerebbe. I produttori opporrebbero resistenza. E tra l'altro, non vi è alcun incentivo per cambiare la situazione", afferma van der Meer.

Sebbene i produttori cileni confermino che l'impiego intensivo di antibiotici sia "sicuro", alcune settimane fa hanno preso l'impegno di ridurre del 50% l'uso di antibiotici nella produzione entro il 2025.

Chiloé è l'isola più grande dell'arcipelago cileno. La costiera di questa e di altre isole dell'arcipelago misura circa 2.000 km.
Gli allevamenti di salmone sono comparsi qui alcuni decenni fa e hanno mutato sia il paesaggio dell'isola sia la cultura degli isolani abituati a mangiare i prodotti ittici del luogo.
"Ho 31 anni e non conosco le specie di pesci locali che conoscevano i miei genitori"
Álvaro Montaña
geografo e attivista
Secondo lui, la scomparsa di specie di pesci locali è direttamente legata all'allevamento di salmone che danneggia l'ambiente in vari modi: "Sul fondale marino sotto le gabbie dei salmoni si formano aree di ipossia, ovvero mancanza di ossigeno, dove non si può sviluppare alcuna forma di vita". Questa è una conseguenza dell'"accumulo delle sostanze nutritive contenute negli escrementi dei salmoni che si depositano sul fondale marino. Inoltre, sul fondale si concentrano i resti del cibo dei salmoni".

Ma questi non sono gli unici fattori a danneggiare le specie endemiche. Infatti, un ruolo importante in tal senso è svolto anche dalle fughe massicce di salmone dagli allevamenti.

L'anno scorso, ad esempio, sono scappati circa 690.000 salmoni da uno degli allevamenti di Mowi (ex Marina Harvest).
"Ogni fuga danneggia gravemente l'ecosistema. Il salmone atlantico è una specie esotica, un predatore che occupa una posizione superiore nella catena alimentare. Nei fiordi cileni abitano specie più piccole. In alcune aree questa tipologia di fauna è del tutto scomparsa"
Liesbeth van der Meer
direttrice esecutiva dell'Oceana
Secondo gli esperti dell'Instituto Tecnológico del Salmón "nell'Oceano pacifico il danno causato dalle fughe di salmoni dagli allevamenti è molto inferiore per via della bassa aspettativa di vita delle specie liberate. Dunque, in base alle informazioni di cui disponiamo, l'acquacoltura non sta arrecando un danno di portata così elevata all'ambiente per via delle fughe di pesci predatori, a dispetto di quanto si dica".

Álvaro Montaña non concorda con questa affermazione. Ritiene che le condizioni degli allevamenti di salmone e la loro posizione geografica a lungo termine porteranno inevitabilmente a fughe di salmoni in massa. "Ci troviamo a 42 gradi di latitudine sud e gli allevamenti arrivano fino al 50° grado, quasi fino a Punta Arenas (città sullo Stretto di Magellano). Questa è zona di fiordi, ma anche di tempeste, acquazzoni, forti correnti marine che possono danneggiare le strutture degli allevamenti provocando, di conseguenza, fughe di massa dei salmoni".

Secondo i dati ufficiali, a partire dal 2010 circa 3,3 milioni di salmoni sono scappati dagli allevamenti. Secondo l'assessore all'economia della Regione di Los Lagos, 1,9 milioni di questi sarebbero scappati dagli allevamenti di Mowi (ex Marina Harvest). La società norvegese ha confutato le parole dell'assessore.
La cultura è cambiata
L'influenza degli allevamenti di salmone sull'isola Chiloé si è rivelata così grande che, secondo molti, l'isola è cambiata per sempre.
"I nostri grandi condottieri già molti anni fa dicevano che la nostra isola sarebbe stata occupata. A farlo sono stati gli allevamenti di salmone. I condottieri previdero questo e anche i danni causati da queste società"
Ruth Cailleo Caicheo
rappresentante degli Araucani (popolazione indigena di Chiloé)
Ruth ritiene che la concessione da parte del governo delle aree per l'acquacoltura abbia mutato profondamente in peggio le abitudini alimentari della popolazione locale. L'inquinamento del fondale marino e le massicce fughe dei salmoni hanno portato alla carenza di risorse ittiche che prima, invece, erano presenti in abbondanza. La popolazione locale, privata delle risorse ittiche, ha dovuto cambiare il proprio stile di vita. "La situazione venutasi a creare ci ha costretto a diventare più egoisti e a occuparci solo di noi stessi", dice Ruth.

"Mio padre era pescatore così come i miei nonni. Molti dei miei parenti erano dediti alla pesca, ma la nostra cultura ora è cambiata. Non viviamo più come una comunità unita. La maggior parte delle famiglie si è divisa. Gli uomini sono costretti a guadagnarsi da vivere negli allevamenti di salmone. Non vi sono più risorse naturali per il sostentamento delle risorse ittiche".

Álvaro Montaña sostiene che nelle controversie sull'influenza dell'acquacoltura di salmoni sull'ambiente spicca la componente economica, mentre le sue conseguenze negative rimangono secondarie. "I produttori di salmone parlano dei posti di lavoro che riescono a creare. E ripetono questo concetto come un mantra. Ma perché dobbiamo credere ai produttori che ci mentono costantemente? Dovremmo invece chiederci: quanti posti di lavoro sono venuti meno in seguito al calo della pesca? I posti di lavoro persi superano forse quelli acquisiti?", si chiede l'esperto.
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Quest'opinione è diffusa nel Cile meridionale. Probabilmente, per questo la visita governativa del re norvegese Harald V in Cile è stata accolta da un fiume di proteste da parte delle organizzazioni ambientaliste locali. Queste chiedevano al re che le società norvegesi impegnate nell'allevamento di salmone non continuassero la loro attività in America del Sud. "Distruggono l'ambiente circostante e le comunità costiere", dicevano in molti.

Ruth concorda con queste richieste e racconta di come era fiero il suo popolo di conservare il proprio stile di vita tradizionale nel quale un posto centrale lo occupano la famiglia e la comunità. Ma negli ultimi 30 anni tutto è cambiato.
"La nostra cultura è cambiata in peggio. Non viviamo più nel rispetto dei principi di unione e solidarietà secondo cui le persone prendono cura di chi le circonda"
Ruth Cailleo Caicheo
rappresentante degli Araucani (popolazione indigena di Chiloé)
Al tempo stesso, Ruth guarda con ottimismo al futuro. "Penso che possiamo ancora fare qualcosa, possiamo rafforzare le nostre tradizioni e cercare di non perderle", dice con sicurezza mentre ci saluta. Davanti a noi svetta la montagna e dietro di noi si estende l'oceano.
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Testo: Diego Marin
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